“… passion per i libri boni”. Il ritratto letterario di una libreria tra i canali veneziani

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И снова о книжном магазине “Acqua alta” в Венеции: венецианский ноябрьский день глазами местных жителей, размышление о судьбе города и всей Италии, элементы венецианского диалекта (многие из них объяснены в комментарии). Материал для итальянистов и тех, кто хорошо владеет литературным итальянским (а тем, для кого он слишком труден, мы предлагаем текст попроще, со словарем и русским вступлением). Текст сопровождается глоссарием наиболее сложных слов и реалий.

In questo capitolo tratto dalla prima parte del romanzo inedito di Alessandro Metlica Maradagàl (2012) il protagonista Francesco, un ragazzo veneto che studia all’Università di Padova, entra per caso nella libreria veneziana “Acqua Alta” in un tardo pomeriggio di novembre. E ha una conversazione con il proprietario (il cognome “Fasano” è un’invenzione dell’autore), che parla, diversamente da Francesco, la variante veneziana del dialetto veneto. Oltre alla descrizione della libreria, nel testo trova spazio una riflessione su Venezia, sempre piu’ città-museo e sempre meno città viva, e anche sui desideri della nuova generazione di italiani che spesso emigrano all’estero.

Come in tutta o quasi la letteratura italiana di ieri e di oggi, i verbi sono al passato remoto, con qualche imperfetto.

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Pillole di veneziano – alcune indicazioni utili…

  • Al posto di avere si dice gaver
  • I verbi all’infinito spesso perdono la e finale
  • Gli articoli indeterminativi perdono la u iniziale
  • L’articolo determinativo femminile la ha la forma ea
  • La z spesso sostituisce la gi dolce
  • La c tra due vocali spesso diventa g
  • La n seguita da e o i si pronuncia gn
  • Le doppie di solito non si pronunciano
  • I pronomi diretti e indiretti atoni spesso finiscono con e al posto di i, e quelli tonici con i al posto di e
  • La terza persona plurale dei verbi è uguale alla terza persona singolare
  • È o sono (terza persona singolare e plurale) si dice  /ze/
  • La doppia l tra due vocali spesso scompare
  • Essere drio a fare qualcosa sostituisce la forma stare + gerundio (drio vuol dire ‘dietro’)
  • ‘Aprire’ si dice verzere
  • Scarsea significa ‘tasca’

Riuscite a decifrare quello che dice il signor Fasano? 🙂

Glossario dei termini italiani difficili

  • salmastra: aria dove si sente l’odore del sale; aria di mare
  • ponderoso: grande, imponente
  • farfugliare: dire in maniera confusa, poco sicura
  • zeppe: piene
  • di sbieco: storti
  • spulciare: guardare, toccare e consultare qui e lì
  • economiche: qui si vuole dire “Edizioni economiche”, che costano poco
  • Torbolino: uno dei primi vini della stagione, dopo la vendemmia; a Venezia si vende a fine ottobre-inizio novembre
  • darci dentro (gergale): fare qualcosa (in questo caso: bere il Torbolino) in maniera particolarmente forte e intensa
  • rimpatriata: incontro di vecchi amici dopo tanto tempo
  • mescita: enoteca economica dove si può comprare vino sfuso, non solo in bottiglia
  • sbronza: quando una persona beve molto, fino a ubriacarsi.
  • sbrindellata: rovinata, a pezzi
  • professore ordinario: denominazione del professore di primo livello in Italia
  • a ventisei anni suonati: a ventisei anni già compiuti
  • bando a: senza
  • sfiga (gergale): sfortuna
  • baluginare: luccicare
  • in bilico: seduto sul bordo della sedia, senza equilibrio
  • Trebaseleghe: piccolo paese di campagna in provincia di Padova
  • Regata storica: gara di navigazione di imbarcazioni storiche sul Canal Grande, ha luogo ogni anno
  • Bompiani: casa editrice italiana
Fonte immagine: venezia.net

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Francesco Alemanno entrò nella libreria con un “buonasera…” che non convinse neppure lui.

“Ti ga bisogno, zòvene?”

Il padrone era un uomo corpulento, appollaiato in posa benedicente sopra un minuscolo sgabello. I capelli che gli cadevano sulle spalle erano grigi ma forse, lontano dai riflessi metallici del canale, sarebbero stati bianchi. Alle sue parole un gatto nero, che gli si strusciava sulla nuca, era balzato a terra con un tonfo soffocato. L’aria polverosa e salmastra era quella di sempre: quell’odore, assieme agli scricchiolii del pavimento di legno, rassicurò Francesco. Forse almeno lì, tra i ponderosi volumi su Tiziano e i fumetti dismessi, avrebbe tenuto la vertigine sotto controllo.

“No, grazie… Do un’occhiata in giro” farfugliò; e poi, per scusarsi almeno in parte: “Visto che ormai sono pratico del posto…”

“Figurarse, mi no digo gnente” rispose distratto Fasano.

Al solito, Francesco prese a lambire le pareti della sala grande, zeppe di libri infilati in piedi, a rovescio e persino di sbieco, quando c’era da riempire un buco. Al centro della stanza stava una gondola, traboccante pure lei di volumi, ma Francesco abitualmente spulciava altrove, tra i vecchi Livres de Poche e le economiche ingiallite. Ci veniva spesso, in quella libreria, quando capitava a Venezia, e una volta ci aveva trovato la Pléiade di Voltaire per pochi euro: neppure Fasano conosceva i tesori delle retrovie, i fossili stratificatisi negli scaffali bassi, ma nonostante qualche grugnito la rispettava sempre, l’indicazione a matita sul retro di copertina.

Fonte immagine: 10righedailibri.it

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Quella sera, però, Francesco si accorse di essere distratto; e la colpa non era solo del vino bianco che gli tamburellava in testa. Pensò a Michele che ora, lasciato piazzale Roma, doveva essere in aeroporto, o forse già in volo per Parigi. Ci avevano dato dentro col Torbolino, lui e Michele, per quell’improvvisa rimpatriata – sentendo il loro fiato da osteria, la fèmena della mescita aveva esitato un poco, a riempire il secondo bottiglione – ma non era sfuggito né e a lui né all’amico che la sbronza, ormai, li accomunava solo in parte. Era partito Michele; era partito anche Stefano; e della brigata universitaria, dei coinquilini di Riviera da Nono 12 bis, solo lui portava avanti la vecchia routine, i riti in disuso dell’aperitivo e dei caffè di Facoltà.

Cercò di concentrarsi sulla costa sbrindellata dei Colloqui di Gozzano, che stava lisciando col dito da un po’ senza rendersene conto. Il ricordo di Miru, indispettito per un endecasillabo su Torino a sua detta malriuscito, lo mise di buonumore. Miru professore ordinario e lui studente, a ventisei anni suonati: l’Italia filava che era una meraviglia. Avevano giocato d’anticipo, Stefano e Michele, a espatriare senza l’ombra di una nostalgia. Se la nave affonda si salta sulla scialuppa e via: bando ai sentimentalismi. Ma lui, per sfiga, era nato sentimentale.

Di là della finestra, lungo il canale, Venezia si era fatta gelida come il suo marmo. Le gondole passavano a intervalli regolari come le navette di un parco divertimenti. Quattro studenti, le ragazze già in cappottino, celebravano il rito quotidiano dello spritz, e attorno a loro la città baluginava di luci finte, da cartolina: i lampioni dei ristoranti, i flash delle macchine fotografiche. A vederli tra i palazzi di una delle più grandi civiltà d’Europa, senza che per loro, per i vivi, ci fosse posto, venivano in mente le zanzare d’inverno, relitti di un’epoca che non muore ancora.

Fasano, in bilico sullo sgabello, accarezzava un secondo gatto, chiazzato di grigio sul muso.

“Chei becanassi de tuti i so morti!” cominciò all’improvviso, col tono di un oracolo “Scoltime n’atimo, ti che ti ga ancora passion per i libri boni. Mi conosso Venessia come e me scarsee, e oramai no capisso più i veneziani. Cossa ti vol che te diga? I xè drio vender tuto. I ga venduo ea botega ai cinesi perchè i ghe dava ea grana in boca, o i verze boteghe de mascare, e anca e mascare xè fate in Cina… Fra poco i se trovarà a viver tuti a Trebaseleghe, se ghe va ben. Ma i xè cussì: xè tuti via coi sgabei… Venessia sea compra i americani, i vegnarà a farse ea regata storica coi yacht pal canal grande…”

Avrebbe voluto farglielo capire, Francesco, che la pensava come lui. Ma il dialetto lo parlava poco, ed ebbe paura di fare una gaffe; il suo “te gà razòn” lo disse così piano che, se l’altro lo capì, fu per una corrispondenza d’amorosi sensi. Però ripose una volta per tutte i Colloqui. Era ancora in tempo per il treno delle sette meno un quarto, anche se gli sarebbe dispiaciuto andarsene senza aver comprato nulla, senza avere l’occasione, alla cassa, di gettare uno sguardo complice a Fasano. Controllò di nuovo lo scaffale che aveva davanti, ma l’ispirazione non venne. Stava per rinunciare, quando in un angolo, in alto a sinistra, vide i caratteri rossi e neri di una vecchia edizione Bompiani.

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Еще о книжном “Acqua alta”, по-русски и по-итальянски (несложный текст со словарем): La libreria “Acqua alta a Venezia”.

A proposito di Francesca Lazzarin

Франческа Лаццарин – кандидат филологических наук, литературовед, закончила аспирантуру Падуанского университета (Италия) и падуанскую Консерваторию. С 2013 г. постоянно живет в Москве, где работает переводчиком и преподавателем ВУЗа, а также организует мероприятия, посвященные итальянской культуре. Francesca Lazzarin ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Slavistica presso l’Università di Padova. Inoltre, si è diplomata in canto lirico al Conservatorio C. Pollini di Padova. Dal 2013 vive a Mosca, dove lavora come interprete, traduttrice e docente universitaria, nonché organizza eventi dedicati alla cultura italiana.

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