А вы знаете, что Пизанская «падающая башня» (torre pendente) по-итальянски вовсе не падает (crollare), а только «накренилась» (от pendere ‘наклониться, накрениться, висеть’, от того же глагола произошло существительное pendolo ‘маятник’), в то время как другая башня, повыше – а именно Кампанила Святого Марка (1514 г.), которую венецианцы любовно называют «Хозяином Дома» (на диалекте Paron de Casa), однажды взяла и упала, без всякого предупреждения?
На самом деле, это никакой не секрет, даже Википедии это известно. А существуют ли фотографии с места происшествия?
В книге венецианского писателя Альберто Тозо Феи «Венецианские тайны. История, мифы, легенды, призраки, загадки и диковины в семи ночных прогулках» (перевод Михаила Визеля) в подробностях рассказано, когда и при каких обстоятельствах произошло это трагическое для города событие.
Альберто много лет собирает уникальную коллекцию открыток, медалей и других экспонатов, посвященных моменту обрушения колокольни. С частью этих материалов мы предлагаем вам познакомиться, с любезного разрешения писателя и с его комментариями.
Domande sul testo
- Quando crollò il campanile di San Marco?
- Perche non ci furono vittime?
- Quali miracoli ebbero luogo nel momento del crollo del Paron de Casa, secondo il racconto di Alberto?
- Dove fu portata la maggior parte delle macerie?
- Quando fu ricostruita la campanile?
- Esiste qualche foto del momento tragico del crollo?
Trovate nel testo gli equivalenti italiani delle seguenti parole ed espressioni: «управление гражданского строительства», «осмотр (инспектирование) объекта строительства», «адский грохот», «главный инженер», «помощник главного инженера».
Alberto Toso Fei nel suo libro “Misteri di Venezia. Sette notti tra storia e mito, leggende, fantasmi, enigmi e curiosità'” racconta:
«Erano quasi le dieci del mattino del 14 luglio 1902, quando a Venezia crollò il campanile di San Marco. Una mezz’ora prima, un ulteriore sopralluogo dell’ingegnere capo del genio civile (di cognome Toni), assieme all’ispettore dei vigili Gaspari e al sottocapo Pozzi, aveva rilevato scricchiolii davvero sinistri. Da un po’ di tempo le condizioni di salute del paron de casa non erano buone. I tre uomini decisero di allontanare la gente dalla Piazza. In pochi minuti i vigili Fassioli, Moretti e Scarpa avevano fatto sgomberare l’area. Il campanile sembrò aspettare il momento giusto: poi, alle 9 e 47 (qualche cronaca parla delle 9 e 52), collassò su se stesso, e in un fragore d’inferno precipitò al suolo.
In quel giorno terribile, dopo il primo miracolo del non aver causato vittime e del non aver abbattuto la Basilica, altri fatti prodigiosi si moltiplicarono: nell’aggirarsi tra le macerie, il vecchio campanaro rinvenne una meravigliosa coppa di Murano, rimasta prodigiosamente intatta fra quel rovinìo tremendo, che lui stesso non sapeva da dove potesse arrivare. Nel disastro, un altro grido si levò: “Guardate! Miracolo!” Nel precipitare a terra, la statua dell’arcangelo Gabriele – posta sulla sommità della torre – ora si trovava esattamente davanti alla porta centrale della Basilica come in atto di adorazione. L’angelo dorato era stato collocato sulla punta della torre il 6 luglio 1513: “In questo zorno su la piaza di San Marco fo tirato l’anzolo di rame indorato suso con trombe e pifari a ore 20; et fo butado vin e late zoso in segno di alegreza” *, annotò allora Marin Sanudo. Nel corso degli scavi successivi, anche la più grande delle campane, la Marangona**, fu ritrovata intatta. Venezia aveva perso momentaneamente il suo campanile, ma aveva conservato i simboli più belli.
Il campanile fu ricostruito “come era e dov’era”: posata la prima pietra il 25 aprile del 1903, nello stesso giorno di San Marco del 1912 il campanile venne inaugurato. Lo sgombero delle macerie cominciò il giorno successivo al crollo: una volta selezionati tutti i frammenti pregiati, la maggior parte delle macerie fu gettata in mare, tre miglia al largo di San Nicolò, su un fondale a 14 metri di profondità. A più di un secolo di distanza, dopo qualche burrasca, le onde dell’Adriatico spingono a riva ciottoli levigati di mattone».
“L’Illustrazione Popolare”, rivista divenuta già quasi completamente fotografica, nel 1902, dà ragione del crollo del campanile con un servizio speciale che mostra in copertina il vecchio paron de casa, così come appariva prima del crollo.
Tra le pagine interne, la visione abbastanza inedita (e non più ripetibile, perlomeno si spera) delle Procuratie Vecchie viste da DENTRO l’angolo delle Procuratie Nuove, dove dovrebbe stagliarsi il campanile:
«Per molti anni, – aggiunge Alberto sulla sua pagina Facebook – quando ero bambino e poi ragazzino (so che sembra incredibile, eppure è così) non ho mai saputo del crollo del campanile, perché nessuno me ne aveva mai parlato. Solo quasi in età universitaria sono venuto a conoscenza di questa storia, che mi ha colpito molto. E quando ho iniziato a imbattermi nelle prime cartoline, medaglie commemorative, materiali particolari legati alla vicenda del crollo e della ricostruzione del “Paron de Casa”, non ho potuto fare altro che raccoglierli tutti assieme. Sono moltissimi. […] Nell’androncino della Cassa di Risparmio a San Luca, nel 2012, per il centenario della ricostruzione fu organizzata una piccola mostra. Ebbene, i materiali all’interno delle vetrine sono parte della mia collezione. […]
Fin dalle primissime ore dopo il crollo iniziarono a girare cartoline con le immagini delle rovine, ve ne sono di spedite addirittura il giorno dopo. Entro breve, furono anche realizzate alcuni fotomontaggi (pregevoli, vista l’epoca) che mostravano il momento del collasso. Furono operazioni esclusivamente commerciali, realizzate all’unico scopo di essere vendute. Questa è quella più celebre, che tutti i veneziani nati prima degli anni Novanta conoscono.
La prossima cartolina è abbastanza singolare, se non altro per la scelta di far vedere tutta la Piazza.
Alcune cartoline furono vendute per finanziare i lavori di ricostruzione. Questa per esempio reca il timbro ufficiale.
Ovviamente ci si misero anche gli illustratori (questa è di Stella); l’immagine di questa cartolina sarebbe stata realizzata sulla base delle testimonianze di chi era presente.
E ancora una veduta complessiva. Questa cartolina ha anche una “sorella” che mosra gli attimi prima del crollo, con il campanile ancora in piedi e la grandissima crepa che corre quasi per tutta l’altezza.
* Alcune forme tipiche del veneziano antico presenti nella citazione da Marin Sanudo: zorno = giorno, fo = fu, anzolo = angelo, suso = su, pifari = pifferi (strumenti musicali della famiglia degli oboi), zoso = giù, alegreza = allegria. Traduzione dell’intera frase: “In questo giorno in piazza San Marco fu innalzato l’angelo di rame dorato, al suono di trombe e pifferi, alle ore 20; e fu versato [letteralmente: buttato] giù vino e latte in segno di gioia”. Nota di Alina Zvonareva.
** Marangona – la campana più grande del Campanile di San Marco. Il suo nome deriva dal termine veneziano marangon ‘falegname’ ed è legato al fatto che questa campana segnasse l’inizio e la fine della giornata lavorativa dei carpentieri dell’Arsenale. Nota di Alina Zvonareva.
Вторая часть: Venezia: il giorno in cui cadde il cielo – parte 2.