Сицилийский писатель Андреа Камиллери, автор знаменитых детективов о комиссаре Монтальбано, вспоминает, как праздновался на Сицилии «День мертвых» (2 ноября) в годы его детства. Как и его романы, этот текст написан на «камиллерийском языке» — итальянском с использованием сицилийских диалектизмов (этот литературный прием получил название «camillerismo»).
«День мертвых» или «День поминовения всех усопших верных» (лат. In Commemoratione Omnium Fidelium Defunctorum) был учрежден аббатом Одилоном Клюнийским в 998 году. Он отмечается на следующий день после Дня всех святых (1 ноября). Эти два праздника переосмысляют в христианском ключе две языческих традиции — древнеримские Лемуралии или Лемурии (Lemuralia или Lemuria), праздник в мае, когда души мертвых блуждали в обличье призраков-вампиров, и ноябрьский Самайн — кельтский Новый Год, от которого произошел Хеллоуин.
Традиция празднования Дня мертвых на Сицилии составляла часть семейного уклада, в котором сакральное тесно переплеталось с профанным. В этот праздник никто никого не пугал; напротив, общение с усопшими родственниками помогало сохранять связь поколений: дети искали по всему дому подарки и наперебой рассказывали друг другу, что кому подарили «их мертвые». В этот день готовились особые ритуальные сладости, рецепты которых вы найдете по гиперссылкам. Богатой традиции сицилийских сладостей мы посвятим несколько отдельных публикаций.
(Текст для продвинутого уровня владения итальянским.)

Pupi di zucchero, da qui.
Domande sul testo
- Che tipo di albero veniva usato per i cesti da regalo?
- Quali dolci rituali si cucinavano per il giorno dei morti?
- Qual è la differenza tra la celebrazione del Giorno dei morti di cui parla Camilleri, e quella di Halloween?
- Quali regali ricevuti “dai morti” ricorda Camilleri nel suo racconto?
Glossario di termini / forme siciliani
- picciliddro s.m. – bambino
- nicareddro (o nicareddru) agg. / s.m. – piccolino (diminutivo di nico ‘piccolo’)
- linzòlo s.m. – lenzuolo
- scrùscio s.m. – rumore
- sudatizzo agg. – sudaticcio
- darrè prep. – dietro
- meli s.m. – miele
- viscottu s.m. – biscotto
- macari avv. – anche, perfino
Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.
Frutta di Mortarana, modellata con pasta di mandorle, da qui.
Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo.
I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre.
Biscotti regina, foto da qui.
I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza.
Pupi di zuchero – Paladino e Soldato, da qui.
A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo.
Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine.Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.
(da Racconti quotidiani di Andrea Camilleri)Tetù biscotti, foto da qui.
Testo da qui.